Intervento inaugurazione anno giudiziario 2024

Unendomi ai saluti, ai ringraziamenti ed agli auspici di chi mi ha preceduto, vorrei proporre alcune riflessioni a margine della cerimonia di oggi.
Concedetemi una considerazione di carattere generale: l’effettivo rispetto della nostra Costituzione dovrebbe essere garantito dal Parlamento, dal Governo e dall’ esercizio della giurisdizione, oltre che dalla condivisione sociale dei valori costituzionali.

Tuttavia la progressiva liquefazione di principi e valori che dovrebbero essere il fondamento della nostra democrazia, a ogni livello – e che potrebbe culminare nella scellerata riforma costituzionale sul premierato, già all’esame del Parlamento – è sotto gli occhi di tutti.

Il Governo dopo avere espresso, dopo il suo insediamento a ottobre 2022, l’intento di adeguarsi a valori liberali ha invece incrementato gli interventi repressivi (dai rave-party al d.l. “Caivano” n. 123/2023 sulla devianza minorile).

Al contempo ha alleggerito la responsabilità penale dei colletti bianchi con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, la revisione del traffico d’influenze illecite e la riforma della prescrizione.

Non sfugge che tali interventi da un lato aumentano le diseguaglianze e dall’altro attenuano la responsabilità penale per reati di danno al tessuto sociale e amministrativo del Paese.

La politica giudiziaria del Governo appare votata all’inefficienza: per la prima volta la legge di stabilità non ha previsto nuove risorse per il comparto giustizia, se non quelle dedicate alla magistratura onoraria.

Gli obiettivi del PNRR, dunque, verranno perseguiti a costo zero o risparmiando sugli investimenti già pianificati, posto che è stata attuata solo metà delle 16.500 assunzioni a tempo determinato già previste.

Degli 8.250 assunti, peraltro, oltre un terzo ha lasciato l’incarico nell’arco di un anno e mezzo, poiché gli addetti all’Ufficio per il processo sono attratti da concorsi più qualificanti, per posizioni a tempo indeterminato e meglio remunerate.

Ricontrattando con la Commissione europea gli obiettivi del PNRR, l’attuale Governo ha previsto una proroga dei circa 5.500 addetti sino al giugno 2026 e l’assunzione di una seconda parte di addetti, a tempo determinato, non pari a ulteriori 8.250, bensì in misura tale da portare il numero complessivo a 8.250.

Nel frattempo, la carenza di organico è ormai prossima al 30% per il personale amministrativo e tocca il 20% per i magistrati ( percentuale destinata ad aumentare, poiché prima della metà del 2025 non vi saranno nuove immissioni di magistrati con funzioni).

Le riforme approvate a costo zero – dal Tribunale delle persone, dei minori e della famiglia al Codice della crisi d’imprese e dell’insolvenza, dagli interventi sul processo penale a quelli di rafforzamento del c.d. “codice rosso” – risultano dunque difficilmente attuabili, mentre già si annunciano altre riforme, come quella del g.i.p. collegiale quando decida sulla custodia cautelare, del tutto irrealistica, tenendo conto dello stato attuale degli organici.

In questo panorama, la riforma della prescrizione penale, che abolisce, dopo solo un anno di vigenza, l’istituto dell’improcedibilità, porrà problemi circa l’individuazione della legge applicabile e il calcolo del termine prescrizionale, dato che in meno di un decennio si sono succedute ben sei riforme in materia, così da impegnare i giudici molto più tempo in queste complicate verifiche che nella celebrazione dei processi.

Infine è sconfortante osservare come la giustizia civile sia sempre più lontana dagli avvocati.

La celebrazione delle udienze a distanza (art. 127-bis cpc) e soprattutto per via cartolare (art. 127-ter), unita alla digitalizzazione “spinta” del processo, rende ormai la presenza degli avvocati civilisti nei palazzi di giustizia solo occasionale.

Non si tratta di una tendenza virtuosa: i giudici avvertono sempre meno l’esigenza di lavorare in ufficio, le istanze dei difensori sono quasi sempre veicolate per iscritto e in mancanza di vero contraddittorio,
il confronto diretto tra magistrati avvocati e parti sfuma e, con questo, rischia di perdersi – col tempo – la capacità di approfondire le questioni e le istanze prospettate dai difensori, la volontà di ascoltare le parti, la disponibilità a cercare la loro conciliazione.

Matura la prospettiva di un processo a distanza, dove la tecnicalità e la tecnologia prevalgono sulla necessità di difesa dei diritti delle parti nel processo.
Tale forma di trattazione della causa civile non riguarda solo il processo ma è sintomo del rischio che corre la nostra cultura costituzionale: quello di essere percepita come non più attuale a fronte di sopravvenute esigenze contingenti, sovvertendo quell’equilibrio tra politica, governo della cosa pubblica e amministrazione della giustizia compiutamente espresso nella nostra Costituzione.

Per concludere, nonostante la cupezza dei tempi, rinnoviamo il nostro augurio di buon lavoro ai giudici, ai colleghi avvocati e a tutto il personale amministrativo del Distretto: che ognuno sappia essere all’altezza del suo ruolo, in difesa della nostra Costituzione e dei diritti di tutti.

Vi ringrazio.

Per il Comitato per lo Stato di diritto
Avv. Vincenzo Paolillo
Genova, 20 gennaio 2024